Nei bar e nei ristoranti l’autoconsumo dei pasti da parte del titolare, della sua famiglia e dei dipendenti è prassi ordinaria tuttavia tale legittimo modo di agire può arrecare “fastidi” in merito agli esiti dello studio di settore (anche se ormai abrogato) o di un eventuale accertamento in quanto i prodotti “autoconsumati” rappresentano un costo che non si traduce in un ricavo e di conseguenza riducono la redditività aziendale portandola magari a livelli al di sotto di quelli attesi dall’Erario. Tale disallineamento può dar luogo ad un “accertamento induttivo” da parte dell’Agenzia delle entrate/Guardia di finanza o ad una verifica legata alla “non congruità” da Studio di settore.
Nello svolgimento del presente intervento la situazione sopra descritta (autoconsumo del titolare e dei dipendenti di un bar/ristorante) verrà trattata sia in un’ottica di conseguenze sulle imposte dirette (Irpef, IRES) ed indirette (IVA) che dell’approccio di un eventuale soggetto accertatore.
CONSEGUENZE IN AMBITO IVA
La normativa è molto chiara infatti l’art. 3 comma 3 DPR 633/72 prevede che la somministrazione di alimenti e bevande dell’imprenditore o della sua famiglia (autoconsumo) rileva solo se di valore superiore ad euro 50 per singola prestazione e che in caso di mensa aziendale offerta alla totalità dei dipendenti restano fuori campo Iva tutte le prestazioni rese (vedi CM 326/E del 23/12/97 punto 2.2.3).
In altri termini non sono soggetti ad Iva l’autoconsumo di modesta entità dell’imprenditore e della sua famiglia e la somministrazione dei pasti alla totalità dei dipendenti (mensa aziendale).
Va sottolineato che la “modesta entità”, ossia il valore limite di 50 euro per prestazione, non è riferito al “prezzo di vendita del pasto” ma al costo sostenuto per l’acquisto dei prodotti “acquistati per essere cucinati”.
CONSEGUENZE IN AMBITO DELLE IMPOSTE DIRETTE SULL’AUTOCONSUMO DI PASTI NEI BAR E RISTORANTI
E’ necessario distinguere fra gli effetti sui redditi dell’impresa e quelli sui redditi del dipendente. In altri termini è necessario accertarsi se l’autoconsumo rappresenti un reddito tassato per l’impresa e se il “pasto gratis” per il dipendente rappresenti un beneficio tassabile.
Redditi dell’azienda
L’individuazione degli elementi configurabili come ricavi è demandata art. 85 comma 2 del DPR 917/86 (TUIR). Dalla lettura di tale articolo si evince che il valore dei servizi destinati dal socio/titolare a finalità estranee all’azienda non è considerato ricavo, per cui non genera un maggior reddito. Ciò è vero in quanto la somministrazione di alimenti e bevande non è una vendita di beni ma una prestazione di servizi.
Redditi del dipendente
L’individuazione degli elementi configurabili come “reddito di lavoro dipendente” è demandata all’art. 51 del DPR 917/86 (TUIR). In base a quanto indicato al comma 2 lettera c) “…non concorrono a formare il reddito le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro … fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29…”.
CONCLUSIONI
In altri termini l’autoconsumo di pasti e bevande dal punto di vista IMPOSTE dirette ed indirette:
- non produce alcuna imponibilità IVA se i beni utilizzati per produrre il singolo pasto sono di valore inferiore a 50 euro;
- non produce alcuna imponibilità IRPEF o IRAP per l’impresa ed il suo titolare/nucleo familiare in quanto prestazione di servizi e non “vendita di beni”;
- non produce maggiori redditi IRPEF in capo al dipendente se il singolo pasto è di valore non superiore ad euro 5,29=.
Quanto sopra indicato è stato confermato dalla Corte di Cassazione, sentenza del 20.10.2016 n. 21290, che ha individuato la somministrazione di pasti ai dipendenti di alberghi o ristoranti come elementi non costituenti ricavo ai fini delle imposte dirette e non è assoggettabili ad IVA.
CONSEGUENZE IN CASO DI UN EVENTUALE ACCERTAMENTO NEI BAR E RISTORANTI ED AUTOCONSUMO DI PASTI
In un’ottica di accertamento dell’Agenzia delle entrate/Guardia di finanza, come indicato al punto 3.4.33 della “metodologia di controllo di ristoranti, trattorie, pizzerie, osterie con cucina” nella ricostruzione dei ricavi “… saranno necessariamente considerate [in diminuzione] … le somministrazioni riferibili ai dipendenti e all’autoconsumo dell’imprenditore, dei familiari e/o dei soci …” quindi l’accertatore ne dovrà terre debitamente conto in sede di controllo. In altri termini salvo la presenza di indizi “gravi, precisi e concordanti” che possano far ragionevolmente pensare alla presenza di una forma di evasione non vi dovrebbero essere conseguenze per il soggetto controllato.